Una passeggiata nel quartiere ebraico di Venezia. Dopo aver lasciato alle spalle Calle Fanese e aver attraversato il ponte de Gheto Novo, entriamo nel Campo omonimo. Qui lasciamo scorrere lo sguardo, lo soffermiamo brevemente sui dettagli architettonici, come l’insieme di bassorilievi bronzei dedicati alla Shoah realizzati dall’artista e scultore lituano Arbit Blatas.
Osserviamo le sinagoghe, quella tedesca, quella italiana e quella di Canton, notiamo i porticati

che ospitano ancora le sedi dei vecchi banchi di pegno e delle antiche botteghe artigianali. Ci avviciniamo alla Casa di Riposo Israelita, e là scorgiamo, affisso ad una parete di traversine in cui sono incisi luoghi di passaggio e destinazione dei deportati, quello che stavamo cercando. Una targa commemorativa che recita come segue:

Giuseppe Jona, clinico illustre, maestro di rettitudine e di bontà, nell’ora tristissima della persecuzione resse la comunità di Venezia con alto senso di dignità e vi profuse i tesori dell’anima sua grande.
Alla rovina d’Italia, al nuovo martirio di Israele non seppe sopravvivere.
È dunque alla figura di Giuseppe Jona che l´Istituto Italiano di Cultura di Monaco di Baviera in collaborazione con la Janusz Korczak Akademie ha reso omaggio nella serata di ieri, 18 gennaio. A parlarne la Dott.ssa Luisa Cigagna, laureata in Storia Contemporanea a Venezia.
Giuseppe Jona nasce il 22 ottobre del 1866, giorno in cui il Veneto è annesso al Regno d´Italia. Laureato in Medicina all’università di Padova, è prima assistente di anatomia patologica e poi primario dell’Ospedale Civile SS. Giovanni e Paolo di Venezia dal 1905 al 1936. Pioniere ed innovatore, diviene presidente dell´Ateneo veneziano nel 1931 con gli obiettivi di permettere una popolarizzazione della cultura e una ripresa della vita accademica con corsi di alta cultura. L´apertura verso il popolo e l´impegno civile lo consacrano a personaggio di spicco nella comunità veneziana.

Tuttavia questo non lo tutela dalla promulgazione delle leggi razziali del 1938. Radiato dall’Ateneo Veneto, perde poi la libera docenza e viene in seguito depennato dall’Albo dei Medici. Sui muri della città appaiono scritte ingiuriose, il clima d´intimidazione cresce e le misure anti ebraiche si inaspriscono.
Jona è un ebreo ma si definisce un laico, un positivista. La sua è una religione civile, dedita all´impegno cittadino. Nonostante questo, il 16 giugno 1940 è nominato presidente della Comunità Ebraica di Venezia. La presente carica gli viene assegnata nel pieno delle leggi razziali, e Jona dimostra di essere un uomo non solo di valore, ma anche di estremo coraggio.
Dinnanzi alla richiesta del comando tedesco di consegnare nomi e indirizzi di tutti gli appartenenti alla comunità ebraica rimasti in città, Jona dopo un colloquio in prefettura in cui gli veniva ordinata la consegna dei documenti, ritorna a casa e decise di fare ciò che la Morale in quel momento gli impose di fare, quali che fossero le conseguenze personali.
Redige un accurato testamento, in cui veniva segnalata la volontà di lasciare gran parte dei suoi beni ad opere sociali e caritatevoli, brucia tutti i documenti e si inietta una dose mortale di morfina. Jona muore il 17 settembre 1943, salvando con la sua morte 1.200 ebrei veneziani.