Elezioni Europee, una prima analisi

 

Elezioni Europee 2014, una prima analisi
Elezioni Europee 2014, una prima analisi

Innanzitutto il dato finale: con il 28,36% il gruppo parlamentare dei cristiano-democratici (EPP) ha ottenuto 213 seggi; a seguire i socialisti e democratici (S&D) con 190 seggi; i liberali (ALDE) con 64 seggi; i verdi con 53 seggi; il gruppo dei conservatori e riformisti (ECR) con 46 seggi; la sinistra (GUE/NGL) con 42 seggi; l’Europa della libertà (EFD) ottiene 38 parlamentari; e il gruppo dei “non-allineati” (ovvero membri del parlamento che non appartengono ad alcun gruppo politico) sarà composto da 41 parlamentari, a questi potrebbero aggiungersi i 64 parlamentari di partiti che sono entrati per la prima volta sulla scena europea e ora dovranno decidere come schierarsi.

Cosa quest’ultimo gruppo molto disomogeneo deciderà di fare sarà un dato estremamente rilevante da considerare: all’interno di questi nuovi arrivati ci sono infatti molti partiti euro-scettici sia di destra (come lo JOBBIK ungherese) sia di sinistra, che se riusciranno a limare le proprie differenze e a strutturare un gruppo di opposizione – cosa per altro non scontata – diverranno un attore politico che potrebbe frenare in maniera importante il processo di integrazione e sviluppo dell’Unione Europea.

Ma veniamo ai dati più specifici dei paesi che ci riguardano più da vicino: Germania e Italia.

In Germania i cristiano-democratici della CDU si sono riconfermati primo partito con il 35,3% (4,6% in meno rispetto al 2009). A seguire i socialdemocratici della SPD con il 27,3% (+6,5%), i verdi con il 10,7% (-1,3%), la Linke con il 7,4% (-0,1%) e l’euroscettico Alternative für Deutschland (AfD) con il 7,0%. I dati più rilevanti per la nostra analisi a caldo sono sicuramente quello dell’SPD, che può considerare questo risultato una vittoria relativa, sicuramente incoraggiata dalla presenza di Martin Schulz come candidato per la presidenza della Commissione Europea e quello dell’AfD, che mentre per le scorse elezioni politiche non era riuscito a superare la soglia del 5% ha aumentato considerevolmente il proprio bacino elettorale.

In Italia il primo partito è il PD col 40,81%, a seguire il Movimento Cinque Stelle con il 21,15%, Forza Italia con il 16,81%, la Lega Nord con il 6,15% e il Nuovo Centro Destra e L’altra Europa con Tsipras che superano di poco la soglia del 4%.

Quello che si può dire a un giorno solo dal voto è che sicuramente il risultato ottenuto dal PD è un dato storico: dalla fondazione del Partito Democratico questo è infatti la percentuale più alta mai raggiunta. Per il M5S questo risultato può considerarsi una relativa sconfitta: relativa perché comunque un quinto della popolazione italiana ha votato questa lista, ma comunque una sconfitta perché gli obiettivi che il movimento si era posto durante la campagna elettorale erano quelli di superare il 25% ottenuto alle scorse politiche.

Cosa è successo negli altri paesi?

Senza raccontare nel dettaglio i risultati elettorali nei singoli stati membri vi raccontiamo qui i dati più eclatanti e che giocheranno forse un ruolo decisivo nei futuri equilibri politici. Regno Unito: come molti avevano previsto e temuto, è andato molto bene lo UKIP, il partito indipendentista e anti-europeista di Nigel Farage, mentre sono andati decisamente meno bene gli altri partiti tradizionali, laburisti e conservatori. Lo UKIP ha ottenuto il 27,5%, il Labour di centro sinistra al 25,4 %, il partito conservatore di centro destra al 23,9 %. A tal riguardo si può parlare di un vero e proprio terremoto politico, dato che la scena politica del Regno Unito è tradizionalmente refrattaria ai partiti di protesta.

Francia: il partito di estrema destra di Marine Le Pen, il Front National, è diventato il primo del paese passando dal 6,34%  del 2009 a quasi il 25%. Dato molto significativo: il Partito Socialista del presidente François Hollande non ha raggiunto il 14 % arrivando al terzo posto alle spalle dell’UMP, la destra dell’ex presidente Nicolas Sarkozy, che si è fermata a poco più del 20%. Questo risultato è molto importante a livello europeo in quanto la campagna elettorale di Marine Le Pen è stata condotta su diversi punti chiave tra cui l’uscita dell’euro, l’opposizione ai negoziati per il trattato di libero scambio tra USA e UE (il TTIP)e l’abbandono dell’area Schengen per tornare ai confini nazionali e contro l’immigrazione clandestina.

Grecia: in maniera abbastanza prevedibile, vista la capacità di recepire i malumori delle proteste contro la politica dell’austerità, in Grecia ha vinto Syriza, il partito di sinistra di Alexis Tsipras, che con quasi il 27% dei voti ha staccato di quattro punti il partito del premier conservatore Antonis Samaras. Nea Dimokratia, il partito conservatore al governo, rispetto al 2012 ha perso sette punti passando dal 30 per cento a poco più che al 22. Alba Dorata, il partito di estrema destra i cui principali esponenti sono accusati di varie attività illegali e si trovano in carcere, ha raggiunto il 9 per cento.

Un dato che non bisogna mai dimenticare di considerare è infine quello dell’astensionismo.

In media solo il 43,1% dei cittadini europei si è recato alle urne, dato scoraggiante per gli europeisti entusiasti ma comunque non del tutto negativo: si tratta infatti della prima elezione europea dal 1979 in cui l’astensionismo non aumenta rispetto all’elezione precedente. I dati si differenziano anche qui in maniera considerevole da paese a paese: si va dall’Italia che con il 57,22% supera la media europea alla Slovacchia con il 13% e la Croazia – dato scoraggiante in quanto viene da un paese entrato molto recentemente nell’Unione – in cui solo il 25,06% della popolazione è andato a votare.