
Monaco di Baviera: Un periodo storico può essere trascorso, passato, può darsi anche dimenticato. Ma spesso avviene che la curiosità umana provi a riportarlo al presente. Sopratutto se tale curiosità appartiene ad uno scienziato. O diciamo meglio ad un gruppo di ricercatori. Allora prendono piede indagini, prove in laboratorio, osservazioni, analisi, si provano a trarre conclusioni su quanto scoperto e ottenuto.
Eccoci a Monaco, alla Klinikum Schwabing. Qui un gruppo di ricercatori, capitanati dal patologo Andreas Nerlich esperto di mummie, ha svolto interessanti indagini sul processo di mummificazione. Se, al giorno d’oggi, è effettivamente possibile seguire le istruzioni di imbalsamazione tramandate dagli antichi egizi, i ricercatori dell’istituto lo stanno per scoprire.
Imbalsamato non sarà un uomo vero, ovviamente. Questioni etiche lo escludono a priori. E’ un giovane maiale che aiuterà i ricercatori dell’istituto monacense a svelare i segreti che si celavano dietro l’imbalsamazione egizia. I due tassidermisti Alfred Riepertinger e Ralph Gillich hanno eseguito le procedure di mummificazione attenendosi alle istruzioni lasciate in eredità.
Dopo cinque anni d’attesa, il maiale mummia è pronto per la radiografia, per la risonanza magnetica e per la TAC. Le tipiche bende che ricoprono un corpo mummificato, nell’immaginario di chiunque, non permettono di sapere cosa c’è dentro il cadavere. Moderne apparecchiature sveleranno cosa succede all’interno di un corpo imbalsamato e sopratutto permetteranno di capire se i metodi di mummificazione possono non solo essere riprodotti, ma anche essere efficaci al proposito.
Dopo cinque dall’inizio dell’esperimento, il corpo giace in una bara, avvolto in un sacco per cadavere. L’esaminatore lo tira fuori dalla cassa. Non reagisce con una smorfia. Nessun tanfo fuoriesce dal corpo mummificato, piuttosto odore di unto e grasso.
Andreas Nerlich ha avuto a che fare per anni con le mummie. Alcune, rinvenute nel 2011 in una cripta ad ovest di Ingolstadt, presentavano un processo di essiccamento naturale. Altre invece avevano chiari indizi che si trattasse di lavori di esperti, per motivi religiosi imbalsamate e protette così dal deterioramento. Nerlich ha studiato e indagato numerose mummie provenienti da scavi in Egitto. Analizzando la loro struttura e lo stile della loro imbalsamazione, ne è rimasto affascinato. Al giorno d’oggi i tassidermisti utilizzano la formalina, ad esempio per conservare il cadavere durante il trasporto. Gli antichi imbalsamatori avevano invece a disposizione solo prodotti naturali.
Erodoto, lo storico greco che viaggiò molto ed ebbe modo di visitare l’Egitto, la Fenicia, la Mesopotamia, è l’autore da cui Nerlich si è informato per il processo di imbalsamazione usato dagli egizi.
Una volta entrato in possesso di un giovane maiale, concesso dal veterinario della Ludwig-Maximilians- Universität in Oberschleißheim, per il team di Nerlich inizia il lavoro di mummificazione. Seguendo passo per passo e a regola d’arte il procedimento tramandato da Erodoto, hanno estratto tutti i liquidi corporei onde evitare la putrefazione.
Dopo aver aperto il corpo dell’animale, sono stati estratti i polmoni, il fegato, l’intestino e lo stomaco. La cavità è stata poi riempita con un sacchetto contenente sodio e un composto di mirra, garofano, rosmarino, timo, lavanda e altre erbe. Il corpo viene fatto poi adagiare in un sarcofago di legno per 40 giorni e viene ricoperto con 200 kilogrammi di sodio, così da farlo ben essiccare. Passato questo periodo, il maiale viene nuovamente svuotato, lavato con vino bianco, cosparso con miele ed infine con bitume. L’ultima azione è quella che donerà al maiale la forma della mummia, ovvero il bendaggio con fasce di lino.

I risultati, di questa prima operazione, furono straordinari. Per prima cosa, le istruzioni di Erodoto risultarono essere assolutamente attendibili, la scelta delle erbe aromatiche essere tutto tranne che casuale, ma ben mirata allo scopo di conservazione e, soprattutto, insieme all’utilizzo del vino bianco, alla necessità di evitare la formazione di cattivi odori.
Un ulteriore prova ha confermato il successo nell’utilizzo del sodio per l’essiccazione del corpo. Avvolgendo un cuore di maiale con del sodio e un altro con del sale marittimo e comparando, a distanza di 40 giorni, i risultati, la conclusione non poté essere che una: il cuore nel sodio, ben essiccato, dà credito alle scoperte egizie, dove il cuore in sale iniziava invece già ad imputridirsi.
Dopo queste prime valutazioni, la mummia può ritornare nella sua bara per procedere con la seconda fase dell’esperimento: scoprire, dopo cinque anni, in che condizioni è l’animale imbalsamato. Un primo riscontro lo dà la bilancia: il peso del maiale è sceso di due terzi, da 90 chilogrammi a 30.
Arriva ora il momento degli accertamenti con le apparecchiature mediche. La mummia viene trasportata lungo un corridoio sotterraneo verso il reparto di radiologia. Una volta arrivati, il tubo per la risonanza magnetica ospita il corpo mummificato. I muscoli sembrano essere essiccati, solo una piccola percentuale di umidità risulta ancora presente. Il grasso appare, dopo tutti questi anni, perfettamente normale.
L’esame successivo è alla TAC. L’immagine mostra, nella cavità addominale, ancora un paio di sacchetti di sodio, dimenticati là anni addietro dall’equipe degli imbalsamatori. Esattamente come succedeva nelle mummie egizie. Nulla di anomale, pertanto, fin qui.
Ma poi ecco una sorpresa inaspettata. Il capo reparto di radiologia, Andreas Saleh, fa notare come all’interno sia presente dell’aria. La risonanza magnetica non l’aveva mostrata, ma alla radiografia ecco apparire una nuda cavità. E anche il grasso qui non è alle condizioni ottimali, la gravità specifica è considerevolmente più alta del normale. E’ possibile che il grasso si sia convertito in cera. Ma ciò che più preoccupa Nerlich è la presenza di aria. Se la sua comparsa fosse causata dalla disintegrazione della muscolatura, non sarebbe un fatto troppo grave. Ma potrebbe essere anche un indizio di gas di putrefazione. E questo sarebbe un brutto segno.

Entro un paio di settimane Nerlich cercherà di scoprire da dove proviene l’aria all’interno del maiale. Praticherà con uno scalpello una piccola apertura sulla schiena della mummia perforando le bende. In questo modo potrà anche capire se è realmente avvenuta formazione di cera e se l’organismo è stato attaccato da spore fungine.
Aldilà delle diversità tra la specie umana e quella del maiale, nonostante alcune visibili somiglianze, come l’assenza di peli per entrambi, non si può trasferire al cento per cento quello che si è scoperto con l’imbalsamazione di un maiale alla mummificazione di un essere umano. Ma tre punti sono stati chiariti e accertati: il processo di imbalsamazione funziona così come è stato tramandato, si conosce ora la durata del processo e le modalità con cui gli antichi egizi evitavano la formazione di cattivi odori.
Le Necropolis erano i luoghi sacri dei defunti, dei corpi imbalsamati pronti ad essere ricevuti nell’aldilà. Il klinikum Schwabing è il posto in cui si è cercato di fare luce su queste pratiche antiche e misteriose. E le indagini proseguiranno. Il passato non è una scatola chiusa, ma comunica con il presente e il futuro.