
Augsburg: Il mio incontro con Valentina Gebbia è al “Grandhotel Cosmopolis” di Augsburg una struttura ricettiva per esuli in attesa dei visti. Una struttura dove si incrociano e vivono sotto lo stesso tetto persone di culture diverse. Valentina legge parti del suo libro che parla di integrazione e di uno sbarco di clandestini, realmente avvenuto, sull’isola di Linosa in Sicilia “metà bianchi e metà neri” e di Torè il bambino protagonista. La serata è organizzata dalla Società Dante Alighieri Augsburg in collaborazione con il Maria-Theresia-Gymnasium.
La presentazione è già iniziata, mi sistemo in fondo, la sala è gremita in ogni posto. Il miscuglio di cultura Valentina lo porta nella sua natura: è una siciliana bionda. Una cosa che non ti aspetti se non conosci la Sicilia e la sua storia. E’ bionda, aber nicht blöd. Alla fine mi avvicino e scambiamo qualche battuta mentre firma copie del suo libro e le chiedo se mi concede un’intervista. L’intervista l’abbiamo fatta, ma non immediatamente.

Sono passati alcuni giorni da quando sei venuta in Germania, cosa ti è rimasto di quei giorni?
Sono stati giorni bellissimi, in cui tutto è stato perfetto, anche il clima, visto che ho pure portato con me il sole siciliano. Mi sono rimasti i sorrisi della gente, la gentilezza e la disponibilità di tutti, l’armonia delle architetture, i panorami, la meraviglia del progetto Fuggerei, e poi i canali, le viuzze, il cibo e i colori di un Paese che ho amato a prima vista. E poi mi è rimasta l’esperienza al Grand Hotel Cosmopolis, nato per combinazione il primo agosto come me, e divenuto in pochi anni un esempio di integrazione al quale guardare con ammirazione. Non solo mi è rimasto dentro per l’afflusso inaspettato di spettatori attenti ed entusiastici, ma soprattutto per la magia di un luogo che racchiude proprio la mia visione del mondo, un mondo che ha mille sfaccettature e mille colori, mille radici e mille suoni, un mondo ricco. Un luogo in cui si accoglie l’altro, lo si abbraccia, in cui tutti sono diversi e uguali nello stesso tempo. Non dimenticherò le persone che ho conosciuto lì, non dimenticherò Georg o Anne, che lo portano avanti spendendosi con tutto il cuore. Spero che il pianeta impari ad assomigliare a persone così.
Come mai hai scelto di venire in Germania ed in particolare ad Augsburg?
E’ una visita che avrei dovuto fare già da tanto tempo, ma non sono mai riuscita ad organizzarmi. Leggevo della Baviera e mi raccontavano della Via Romantica da sempre, ma non era mai arrivata l’occasione per viverle di persona. Sapevo che ad Augsburg alcuni miei romanzi erano stati utilizzati come testi per lo studio dell’italiano e mi sembrava bello conoscere personalmente alcuni degli allievi, ma non avrei mai immaginato di trovare tanto calore. Ad Augsburg, poi, vive una famiglia molto cara al mio cuore, quindi era una città che amavo già, pur non essendoci mai stata.
Ti aspettavi il successo di pubblico che hai avuto?
E’ stata un’esperienza profonda ed entusiasmante. Non mi aspettavo tanto affetto e tanta partecipazione da parte di lettori che non parlano la mia lingua. Molti erano allievi della Dante Alighieri e del Maria Theresia Gymnasium di Augsburg, innamorati della lingua italiana e dell’Italia, come noi italiani neppure immaginiamo. Mi hanno davvero commosso. Qualcuno mi ha detto che ha cominciato a imparare l’italiano attraverso un mio libro, qualcun altro che si è sentito siciliano grazie a me e che non vede l’ora di conoscere la mia splendida Terra, qualcuno ha scelto come ciondolo una tartaruga che non gli facesse mai dimenticare la storia di Linosa, qualcuno ha addirittura affermato che, con le mie parole, gli ho cambiato la vita… beh, se ci penso ho ancora un nodo in gola. Ho lasciato a loro il mio abbraccio.

Torè è ancora a Linosa o è partito anche lui in cerca di lavoro?
Torè, il protagonista di “Metà bianchi Metà neri”, è un ragazzino di dieci anni e, per fortuna, il suo sguardo sulla vita e sulle regole che governano il mondo, è ancora limpido e fiducioso. Io spero che, prima che diventi adulto, lo accolga un mondo più giusto, in cui ci sia spazio per tutti, e non si debba scegliere se morire per una delle tante guerre o morire in mare, su barconi indecenti, perché qualcuno lucra sulla vita altrui,vendendo la speranza.
Le tragedie che stanno accadendo in questi giorni al largo della Sicilia stanno avendo una larga eco sui media tedeschi, con dibattiti molto accesi su cosa la Germania debba fare a riguardo, cosa si dice a Linosa?
Posso dirti cosa si dice in Sicilia, a Palermo, dove io vivo. Posso dirti cosa si dice in Italia. Si ripetono stupide parole, si usano quei morti disperati come propaganda politica, si cercano soluzioni che non si trovano. La Sicilia piange quei morti, ma piange anche l’indifferenza in cui cadranno presto, per restare solo una terribile statistica nel cimitero del Mediterraneo. L’Europa deve farsi carico di tutto questo. Non come repressione di movimenti migratori che non possono essere fermati, ma come aiuto e soccorso e sveltimento delle pratiche burocratiche per il diritto d’asilo, esteso a ogni Paese, non solo a quello che accoglie gli sbarchi. L’Italia, da sola, non può farcela.
L’emigrazione è emigrazione e la Sicilia conosce bene la piaga di questo fenomeno: quanto dello sguardo dei siciliani in attesa del Ferryboat che li avrebbe portati sul “continente”, americano o europeo che fosse, si può trovare in quello dei sopravvissuti sbarcati sulle coste siciliane?
L’emigrazione è connaturata nella storia dell’uomo, da sempre i popoli sono stati migranti. Tra l’800 e il ‘900, gli europei si spostarono nelle Americhe in milioni di individui, noi siciliani siamo in tutto il mondo. La Germania, negli anni ’60,accolse dieci milioni di migranti: fra di loro, deputati di seconda e terza generazione che oggi siedono in Parlamento. Perché l’uomo è sempre scappato dalle guerre e dalla miseria, dalla paura della morte o della mancanza di un futuro per sé e i propri figli. Non si possono fermare le migrazioni, se non fermando le guerre e le ingiustizie. Tutti hanno diritto di credere in una possibilità, in una vita migliore, tutti hanno diritto di sperare nella felicità. Questo c’è nello sguardo di ognuno di loro, questo c’è sempre stato nello sguardo di ogni migrante.

Scrittrice, giornalista, attrice, sceneggiatrice, regista… e altro ancora, in quale figura Valentina Gebbia si trova più a “casa”?
Sono sempre a casa, in ognuno di questi ruoli, sono sfaccettature della mia natura, della mia anima. Ho bisogno di raccontare, di non permettere al tempo di cancellare emozioni che vorrei restassero nella memoria. E’ un modo per credere nell’eternità. Sto male, molto male, quando sono costretta a rinunciare alla vera me stessa, così come è accaduto in passato, ma oggi ormai ho scelto di andare avanti comunque, nonostante difficoltà e ostacoli, ho scelto di vivere sulla cresta delle mie passioni, senza paura di cadere. Perché ho immenso rispetto per la vita, la nostra occasione, da non sprecare mai.
A che punto è il tuo primo film da regista?
Ho iniziato le prime giornate di ripresa e conto di finire a giugno prossimo. Siamo una produzione indipendente, senza contributi pubblici, che va avanti a forza d’amore e con l’aiuto di chi ci fornisce il catering o una location, o uno sponsor che ci dà un piccolo supporto economico. Siamo una speranza per tutti. Nessuno di noi percepisce retribuzione, ma avremo una quota-parte sui futuri utili del film. Abbiamo già fatto un’esperienza simile con un film che ho pure presentato ad Augsburg, “Ore diciotto in punto”, vincitore di Premi e oggi partecipante al Pechino International Film Festival. Ci sto mettendo tutta la mia passione per il cinema, la storia è tratta da un romanzo che ho pubblicato dieci anni fa e che oggi è più attuale che mai. Parla di uso terapeutico della cannabis, ma anche di condivisione e solidarietà, di anziani senza affetto, della cura più efficace che possa esistere: l’amore. Ma è anche un thriller tenero e divertente, con un affascinante protagonista. Questo è il sito, per chi vuole saperne di più.
Ritornerai in Germania e se si, quando?
Spero di poter tornare presto in Germania, quando, adesso non so dirlo. Sono presa da “Erba Celeste”, questo film in cui sono sia regista che attrice protagonista,e quindi non ho tempo per altro. Ma, magari, chi lo sa, potrei tornare come ospite di un Festival del Cinema, no? Monaco, Berlino… qui da noi si dice: “Non mettiamo limiti alla provvidenza!” E io, come secondo nome, mi chiamo proprio Provvidenza.