
Germania. La qualità si paga. Le competenze anche. Studia, che avrai più possibilità lavorative e di carriera professionale. Impara, apprendi, mira a saper padroneggiare un mestiere. Gli sforzi verranno ripagati.
Quante volte frasi analoghe vengono pronunciate, ma in quante occasioni il loro significato viene smentito dalla realtà dei fatti.
È anche una questione di categorie professionali, poi, ovvero dove decidi di far sviluppare competenze e conoscenze. Si sa, non è una novità, sembra essere piuttosto un modo di dire, un cliché con reali fondamenti di verità, che alcune professioni sono svantaggiate rispetto ad altre. Professioni o percorsi di studio.
A titolo d’esempio di queste opinioni, in diverse testate nazionali italiane negli anni scorsi, erano comparsi articoli da titoli come Università e facoltà inutili, Università senza futuro, e soprattutto scalpore avevano fatto due articoli del vicedirettore del Fatto quotidiano, Stefano Feltri, a distanza di circa un anno l’uno dall’altro, uno recante il titolo Il conto salato degli studi umanistici, del 13 agosto 2015, e l’altro Università, ora è ufficiale: alcune lauree sono inutili, di data 29 settembre 2016.
Erano gli anni 2015 e 2016, quindi alle porte del presente anno. Dunque articoli con contenuti attuali e recenti, dibattiti da sempre vigenti riguardo a quali siano le facoltà con alte possibilità lavorative. Università che sfornano ingenti professionisti di un settore con probabilità di impiego alte.
La lista delle facoltà prese di mira è immediata immaginarsela. Ecco lettere, filosofia, storia dell’arte, sociologia o scienze della comunicazioni, ad esempio.
Se in questione è l’utilità o meno di queste facoltà, in relazione alla possibilità di trovare un impiego una volta terminato il percorso di studio, non è comunque oggetto del presente articolo. Diverse varianti rientrano nell’argomento. Una scelta può essere opinabile, può essere sottoposta a motivazioni soggettive quanto oggettive, può tener conto di condizioni attuali o guardare al futuro, può essere azzardata o ponderata. Insomma, valutare la correttezza e validità di una scelta non è cosa che può essere trattata in qualche riga, e non può neanche trovare una definitiva ed univoca argomentazione.
Dunque. Questo, approssimativamente, in Italia. E in Germania? Come si vive la questione delle opportunità lavorative in relazione alle competenze acquisite dall’università? O il fattore guadagno, dove è possibile ricevere un soddisfacente ricompenso monetario?
Sconsigliati sono pedagogia, sociologia o scienze della formazione. Suggerimento ovvio.
E cosa viene invece consigliato, con una promessa di 83.000 euro annuali? Medicina. Peccato, però, che per accedere a questa branca di studi, a dire il vero piuttosto gettonata, bisogna uscire dal Gymnasium con il massimo di voti, o comunque rientrare tra i primi nella classifica nazionale dei diplomati – Abiturienten. Sì, mi piacerebbe fare il medico, ma non posso. Il sistema non me lo permette.
Quindi, il medico come professione con guadagni migliori. E le aziende chimiche e di lavorazione del petrolio a garantire una delle migliori contribuzioni in denaro. A seguire le industrie farmaceutiche, l’aviazione, l’astronautica, l’industria automobilistica e il settore bancario, che pagano una media di 67.000 euro annuali per i loro dirigenti e specialisti tecnici. Bando agli studi umanistici, pertanto, non c’è compagnia legata a questo percorso di apprendimento che ti premierebbe.
Un altro aspetto serio e grave emerge dalle statistiche statali. Le donne, in confronto ai colleghi maschi, guadagnano meno. E ci risiamo. Altra conferma di secolari differenze di genere. Ma come, ancora? A quanto pare.
Ma vediamo cosa le statistiche a riguardo ci dicono. In media 15.000 euro in meno secondo il bilancio annuale dello stipendio percepito rispetto agli uomini. Specialmente nel campo medico, per chi ce la fa, risulta una differenza di 7000 euro annuali.
Questo articolo non apporta novità, forse piuttosto conferme.
Quando una conoscenza riguarda materie dal carattere speculativo ed etereo come il puro sapere, sembra che la società non se ne interessi. Oppure la colpa è del numero sempre maggiore di iscritti ad università umanistiche o comunque lontane da una reale pratica del sapere acquisito? O la ragione della mancanza di opportunità è da ricercarsi piuttosto nell’esistenza di una popolazione con una sempre più crescente presenza di laureati? Dove mettere tutta questa conoscenza? Come premiare il sapere?
E ovviamente, se oggigiorno è comunque possibile scegliere quale percorso di studi intraprendere – con alcune limitazioni, ovvio, come il caso di medicina in Germania – non si può decidere con quale genere nascere.
Siamo alla frutta. O in tedesco, wir sind beim Dessert.
Ma che nessuno si dia per vinto. Laureati in filosofia, lettere, arte, sociologia o scienza della comunicazione – solo come titoli d’esempio – sono utili e necessari al pari dei laureati in economia, ingegneria, matematica, fisica, informatica e via dicendo.
E, ovviamente, non gettino la spugna le donne. Una partita iniziata secoli fa deve ancora essere vinta, la conquista della parità di genere è un percorso lungo che richiede impegno e costanza.