6,3 miliardi di euro. Una cifra che, tolti i 30 miliardi destinati a piccole e medie imprese, rappresenta circa il 5% dei 200 miliardi messi a disposizione da SACE (gruppo per il sostegno di aziende italiane nelle transazioni estere e internazionali). 6,3 miliardi di euro: questo l’ammontare del credito che la FCA avrebbe richiesto al gruppo Intesa San Paolo, con una garanzia pubblica assicurata per l’appunto da Sace pari all’80% dell’importo.
La richiesta si inserisce nel quadro del pacchetto Garanzia Italia inserito dal Governo nel decreto Liquidità, per ammortizzare i contraccolpi della crisi dovuta al fenomeno Coronavirus.
Il prestito di 6,3 miliardi, essendo garantito da SACE e in ultima istanza dallo Stato, sarebbe concesso al gruppo FCA a un tasso fortemente agevolato. La richiesta sarebbe partita settimane fa, venendo anticipata da Milano Finanza e poi ripresa dall’agenzia giornalistica Agi e dalla Reuters.
Le aziende che dovessero beneficiare di tali garanzie devono sottostare a una serie di impegni: tra questi, la gestione dei livelli occupazionali attraverso accordi sindacali, il divieto di distribuzione di dividendi, il divieto di riacquisto delle azioni nel corso del 2020 per ogni altra impresa che faccia parte del medesimo gruppo. Inoltre, le aziende devono soddisfare alcuni requisiti: come il fatto di avere sede in Italia (vai al sito SACE).
Detto questo, credo sia lecito domandarsi se e in che misura un’impresa come la Fiat Crysler Automobiles, con sede legale ad Amsterdam (qui l’articolo de ilfattoquotidiano dove il premier olandese deride gli italiani) e domicilio fiscale a Londra (qui, da qualche mese, siamo addirittura fuori dall’Europa), soddisfi a questo requisito… considerando anche il fatto che, per il 2021, è fissato l’inizio della fusione di FCA con il gruppo PSA, la Peugeot Société Anonyme: le cui maggiori quote d’azioni, a inizio 2019, risultano suddivise tra la famiglia Peugeot/FFP (14,21), il Dongfeng Motor di Hong Kong (12,2) e la Banca Pubblica d’Investimento francese (12,2).
Oltre a questo, gioverà sottolineare il fatto che il domicilio fiscale della FCA non solo non è sito in Italia, bensì nel paese che, se considerato insieme alle Crown Dependencies (dipendenze della corona: come le isole Jersey e Guersney) e ad altre off-shore come le Isole Vergini britanniche, vanta un primato piuttosto preoccupante: quello del paese meno trasparente in materia fiscale e finanziaria.
In una nota rilasciata ieri sera, il gruppo tiene a spiegare: “FCA Italy ha avviato una procedura con il Governo italiano per l’ottenimento di una garanzia da SACE per il perfezionamento di una linea di credito destinata esclusivamente al sostegno della filiera dell’automotive in Italia, composta da circa 10.000 piccole e medie imprese,” specificando in seguito come “[…] tutte le erogazioni derivanti dalla linea di credito sarebbero gestite attraverso conti correnti dedicati, accesi con Intesa San Paolo al solo scopo di supportare la gestione operativa dei pagamenti alla filiera italiana dei fornitori, sostenendone i livelli di liquidità e garantendo al contempo la ripartenza delle produzioni e gli investimenti negli impianti italiani,” e ricordando il ruolo chiave dell’automotive nell’industria italiana (fca group).
“Il lavoro c’è, ma (i giovani italiani n.d.r.) non hanno la giusta determinazione. Stanno bene a casa” John Elkann
Ninco & Nanco