
Monaco di Baviera: “Ero in Spätdienst, da sola. Le nove di sera, l’hotel mezzo vuoto. Stavo parlando con due clienti e facendo il check-in ed è salito un ragazzo dal garage. Non l´ho visto entrare, quindi suppongo si sia introdotto dalla porta del parcheggio, che è direttamente collegata con la reception. Il tempo di realizzare l´accaduto e il tipo già se ne era andato. Ho chiesto alla coppia di rimanere un attimo e sono corsa sotto. Tutto tranquillo. Dopo circa un´ora di nuovo lui. Stavolta mi osserva dal vetro dell’unica porta a vetri che abbiamo e che dà direttamente su strada. Ho iniziato ad avere un po’ di paura e non mi sono sentita tranquilla fino a che non è arrivato il collega del turno successivo”.
Non è successo nulla, nulla che meriti di finire neppure in un trafiletto in quinta pagina. È di questo che si parla, di quello che non fa notizia ma che esiste.
È lavorare restando confinata dietro il bancone, è sentire il peso del cartellino col nome in bella vista e le lingue che parli, è una sensazione di disagio generale. A parlare Marta (nome di fantasia) che lavora da un anno in un hotel dietro la stazione centrale di Monaco. Lo Spätdienst (turno pomeridiano-serale) si svolge dalle 15.00 alle 23.00 e durante le prime ore conta su un viavai di gente che arriva per il check-in, per ritirare i bagagli o per chiedere il prezzo di una camera.
“…poi è tornato il gruppo di turisti olandesi, hanno cominciato a chiedere birre, è iniziata a tornare la gente che era andata fuori a cena. Sapevo di non essere più sola.” La questione non è Monaco o la stazione centrale. “It´s safe here?”, chiedono spaventati gli ospiti all´arrivo. Yes, yes, sì e ancora sì!
La zona è tranquilla, il problema è l’accostamento donna e turno di sera, binomio che per molti equivale a soggetto debole, preda facile. Lo scorso venerdì sera una receptionist è stata minacciata da un tipo mascherato in un hotel a Unterföhring. L´uomo entra, le punta la pistola e la costringe a farsi dare l´incasso e se ne va (Fonte TZ, 12.September).
“È vero che c´è la sicurezza. Ogni volta i colleghi che tornano dal giro di perlustrazione mi chiedono se vada tutto bene e di chiamare in caso di bisogno. È vero tutto, però la sicurezza viene ad orari determinati. Se io mi trovo in una situazione di pericolo, non ho il tempo di aprire l´agenda e digitare dieci numeri. Se mi trovo in difficoltà, che faccio da sola?”. Anche le altre colleghe hanno riscontrato vicende simili, perlopiù ubriachi che di notte entrano gorgheggiando qualcosa e si accasciano sul divano. Spesso si aggirano nella hall e chiedono del bagno. La receptionist non li lascia andare. A volte biascicano qualcosa, si mostrano aggressivi, altre volte tornano tranquilli al loro posto.
Ad agosto lo stesso hotel aveva subito un furto. Era una domenica mattina, Marta se lo ricorda ancora. Era di turno alle colazioni. Verso le 8.30 un signore prende l´ascensore ed entra in una camera del primo, del terzo e del quarto piano. S’introduce nelle stanze in cui la porta è stata solo tirata, non chiusa a chiave. Se ne accorgono per primi dei giapponesi, poi verso le 11 arriva una coppia di italiani. Erano andati all´Hard Rock e una volta arrivati alla cassa nessuno dei due aveva soldi in contanti. Il ladro entrava nelle camere, apriva i portafogli e rimetteva tutto esattamente in ordine com’era. Verso mezzogiorno un’altra coppia di giapponesi scende alla reception e denuncia il fatto alla collega di turno. Dalle registrazioni e con l’aiuto della polizia, emerge che il ladro e Marta si era incrociati un paio di volte salendo le scale.
Non è successo nulla. Nulla che meriti di finire neppure in un trafiletto in quinta pagina. Sono solo sensazioni, attimi e filamenti invisibili di una ragnatela invisibile ma comunque presente.